sabato 23 gennaio 2016

note sulla organizzazione del partito di Grillo

I fatti notissimi del Comune di Quarto (provincia di Napoli) denunciano i problemi del movimento 5S non solo in Campania ma ovunque i cosiddetti “giovani” della politica in versione digitale riescano a introdursi nel confronto politico e nelle istituzioni, alte o basse che siano.


5S si presenta oggi con la sua vera veste organizzativa, vale a dire come una sorta di coordinamento piramidale di direttori, uno nazionale aziendale al vertice ed altri, decisamente subordinati, periferici dotati di licenza, alla stregua di una distribuzione commerciale.
Un’aggregazione pseudo-democratica, contraddistinta ancora di più che dalla dimensione imprenditoriale dei proprietari del marchio dalla condizione amicale e quasi-esoterica, per prassi, linguaggio, canali di comunicazione, codici di accesso, ecc. di chi ne fa parte.
In altre parole: azienda-setta.
Nella vissuto quotidiano un continuo e costante retroscena fatto di sussurri digitali nei più disparati social networks e cose taciute molto materiali, con risvolti a volte preoccupanti.
Il dato risalente, a ben guardare, lo si può cogliere nelle espressioni dei volti dei portavoce 5S sia nazionali che locali quando compaiono in video, mostrando da un lato la marcata carenza di formazione tecnico-politica, dall’altro la preoccupazione dell’esponente abilitato di turno di uscire dalla instabile, incerta, dottrina/simbologia del capo e quindi essere messo alla porta, perdendo i supposti benefici legati alla permanenza nel gruppo come distributore locale del marchio, non solo di natura economica.
Nella comunicazione di questi imbarazzati esponenti grillini si fa sentire la carenza di memoria storica e di strumenti di decodificazione critica ed autonoma del contesto, la lezioncina dettata è imparata a memoria e viene ripetuta fino alla sfinimento dell’ascoltatore.
Nei rapporti interni e nella prassi - per quel che si può vedere - è costante la distorsione applicativa dei termini indicanti i principi istitutivi, inseriti nella documentazione rigidamente digitale e preceduti volutamente dal “non”.
Si nota, per forza di cose, l’assenza di una voce politica su fatti nazionali, e ancora di più su quelli locali, l’agenda viene subita, nessun commento pregnante e decisivo che abbia un contenuto realmente politico sul tema viene emesso ; non nelle sedi web, non in piccole o grandi assemblee pubbliche, non nelle corrispondenze, non attraverso dichiarazioni rese con le dovute forme ai media locali o nazionali.
Oltre le frequenti battute estemporanee ed allegoriche del capo, la straripetuta verginità politica ed estraneità al sistema dei partiti, il silenzio politico e contenutistico - in termini di filosofia politica, visione e progettazione del sistema -  in realtà è una costante.
Purtroppo questo tipo di silenzio nell’ambito pubblico/politico, così come viene definito dalla storia politica ed istituzionale di uno Stato, è indice di cose poco chiare, di retrobottega e familiarità in cui in pochi si decide per i molti e dove gli interessi molto privati della cerchia, o circolo magico che dir si voglia, prevalgo su qualsiasi altra considerazione.
Infine la patente etica e di supposta capacità di rappresentanza politica, basata quest’ultima su premianti quanto discutibili sondaggi elettorali, è del tutto auto-prodotta, venduta a poco prezzo, ed esula dal necessario e continuo esame di soggetti esterni, per l'appunto: militanti, simpatizzanti, elettori, e più in generale opinione pubblica.
Il simpatico portavoce del direttorio, con la faccia da bravo ragazzo, parlando a macchinetta, senza prendere mai un respiro, secondo software inserito, scambia ancora “legittimità” con “legittimazione”, e la cosa non stupisce.

MB

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